Brescia, cuore d'acciaio (documentario)
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Brescia, cuore d'acciaio (documentario)
Brescia non è solo sinonimo di provincia lombarda operosa. Polo industriale, molto legato alla lavorazione dei metalli, è anche un fervido centro culturale, animato da artisti e imprenditori visionari, sempre in bilico tra canone e improvvisazione, tra calvinismo ed estro, tra devozione al passato e sete di futuro. Una città raccontata nel documentario Brescia, cuore d’acciaio, in onda sabato 26 luglio su Rai5.
Il documentario incontra alcuni personaggi che incarnano lo spirito bresciano, come Alberto Albertini, che testimonia la vocazione all’eclettismo della città. Manager e laureato in filologia moderna, umanista e conoscitore dei meccanismi industriali, è ideatore e direttore artistico del festival Rinascimento Culturale.
Elia Moutamid, invece, nasce a Fes, in Marocco, nel 1983, e si trasferisce dopo pochi mesi a Rovato, un piccolo comune in provincia di Brescia. Oggi è un regista e un acuto osservatore di ogni aspetto umano, con idee sottili e illuminanti sui concetti di integrazione, scambio culturale, equilibrio tra tempo di vita e di lavoro, rapporto tra realtà e finzione.
Ci sono poi Gabriele Mitelli, un musicista bresciano d’avanguardia con una grande attività concertistica sulla scena europea e una fervida attività organizzativa nella sua città, e i Liquid Words, un gruppo musicale di ventenni bresciani, molto attivi sulla scena cittadina e convinti che la musica, attivando la condivisione delle emozioni, possa avere un concreto impatto sociale.
Brescia vanta tra i suoi concittadini anche il grande eretico Arnaldo e persino il poeta della West Coast Lawrence Ferlinghetti, cantore della Beat generation. A raccontarne le origini bresciane è il suo intimo amico Walter Pescara, fotografo e artista.
Visionaria e artista è anche Raffaella Formenti, che non ambisce a spiegare il reale, ma, come dice lei, a spiegazzarlo, a piegarlo alla sua visione. Nei suoi vagabondaggi da viaggiatrice urbana recupera i depliant pubblicitari dalle cassette della posta condominiali, o supporti in cartone dismessi, dal retro degli ipermercati, per costruire il suo infinito, misterioso labirinto cromatico.
Infine Manlio Milani. Il 28 maggio del 1974, nella bresciana Piazza della Loggia, ha perso, uccisi da una bomba neofascista, una moglie e degli amici cari. Nel mezzo secolo successivo ha trasformato il suo dolore, individuale e collettivo, in memoria attiva, in riflessione costante sulla necessità di proteggere le istituzioni democratiche, con una lucidità sempre esemplare, piena di dignità, proiettata sul futuro.
(dalla redazione Rai)
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